Uno degli aspetti che più ha coinvolto i bambini e ragazzi da quando è iniziata la pandemia da Covid-19 è sicuramente la didattica a distanza, meglio conosciuta come DaD. Impegno del Governo in vista del prossimo settembre è il rientro in sicurezza degli studenti in aula, per ricercare una normalità ormai perduta. Fondamentale compito degli insegnanti, in questo anno e mezzo, è stato quello di spiegare agli alunni di ogni età cosa stia accadendo nel mondo. Come e in che modo sono riusciti a spiegare l’uso di mascherine, di gel disinfettanti, di distanza interpersonale e di chiusure improvvise?

La pandemia e gli adolescenti

Una delle categorie che più ha subito le conseguenze della pandemia è quella degli adolescenti. Studenti di scuole medie e superiori, che nell’ambiente d’apprendimento sviluppano anche e soprattutto i rapporti con i coetanei. La DaD ha tagliato le gambe agli scambi fisici e ha incentivato l’utilizzo del mezzo elettronico. L’impegno dei professori, visti per tempo solo come figure attraverso uno schermo, è stato anche quello di ricordare l’importanza dei rapporti in presenza.

Gli insegnanti, forse ancor più dei genitori, hanno dovuto tramettere il messaggio che il cellulare e il computer, strumenti digitali per eccellenza, possono essere, se usati nel modo corretto, un vero e proprio aiuto anche in ambito scolastico. Proprio per questo, per spiegare cosa stesse e cosa sta ancora succedendo nel mondo, hanno mostrato video di paesi lontani, letto notizie direttamente da giornali stranieri e in lingua originale. Insomma, hanno dovuto trovare il modo più adatto per spiegare a giovani adulti che non desideravano altro che stare insieme, che in quel momento l’unico rapporto con gli altri doveva essere attraverso lo schermo.

Compito dell’insegnante è stato anche quello di indirizzare gli adolescenti verso fonti di informazione corrette, perché è vero che Internet è una fucina di notizie, ma non tutte sono affidabili e veritieri. Far conoscere, ad esempio il sito del Ministero della Salute o quello dell’Istituto Superiore di Sanità, ha reso i giovani più consapevoli e padroni del mezzo elettronico, ma anche siti come Alphabetcity.it con tanti spunti e approfondimenti di sicuro interesse sul tema.

La pandemia e i bambini

Così come gli adolescenti, anche i bambini lo scorso marzo 2020 hanno vissuto una chiusura improvvisa della scuola. I più piccoli, da un momento all’altro non sono più rientrati nelle aule delle scuole materne per mesi e per loro non c’è stata una vera e propria DaD. Spiegare a un bambino il perché non possa più vedere i suoi amici e non possa uscire con loro a giocare non è semplice.

Per aiutarsi nell’impresa, gli insegnanti hanno usato tutti i mezzi a loro disposizione: video, libri, giochi, fumetti. Ognuno ha trovato il metodo migliore, ma essenziale è stato il rapporto con i genitori. Scuola e famiglia, in una situazione del genere, hanno camminato insieme, in un legame più stretto di quanto lo fosse prima. I bambini poi, per apprendere hanno bisogno dell’esempio. Ecco quindi che vedere il maestro o la maestra lavarsi più volte le mani, indossare la mascherina, mantenere la distanza dalle altre persone, ha fatto meglio comprendere cosa fare.

Inoltre, spiegare cosa sia la malattia da Covid-19 e non vederla solo come entità di cui parlano gli adulti, è stato per gli insegnanti uno strumento importante per far comprendere ai bambini cosa stesse succedendo.

Gli insegnanti e le perdite

Altro tema che hanno dovuto affrontare gli insegnanti e i professori durante la pandemia è stato quello della perdita. Molto studenti hanno visto mancare parenti, zii, nonni e addirittura genitori. La morte, per molti, è rimasta sospesa, legata al rimpianto, al vedere ricoverato un proprio caro in ospedale e non vederlo più tornare a casa.

Fino ai 3 anni i bambini non concepiscono il concetto di morte, dai 3 ai 6 pensano che sia un fattore temporaneo, dai 6 agli 8 inizia a essere più reale, ma è dagli 11 in poi che il lutto diventa totalmente consapevole. In ogni fascia d’età restano però le problematiche legate all’emotività che porta la perdita di una persona cara. Gli insegnanti hanno dovuto quindi superare muri di insofferenza per poter approcciarsi allo studente che aveva subito una perdita. Una situazione complicata già di per sé, ma resa ancora più difficile dalla DaD. Niente abbracci, niente carezze, ma solo parole pronunciate al microfono di un computer e ascoltate attraverso le cuffie.

Eppure, le parole giuste hanno saputo far mantenere la rotta a moltissimi studenti, che probabilmente, senza un punto fermo rappresentato dall’insegnante, avrebbero perso la strada. Anche per spiegare la perdita, gli educatori si sono avvalsi di libri e video, ma anche di poesie e di musica. Molto spesso hanno incentivato gli studenti a far uscire il dolore e non trattenerlo.